Fratture in ex-prematuri

Pediatrics. 2012 Dec;130(6):1116-9. Prevalence and characteristics of rib fractures in ex-preterm infants. Lucas-Herald A1, Butler S, Mactier H, McDevitt H, Young D, Ahmed SF.

Le fratture di costa nei bambini di tutte le età sono piuttosto rare, rappresentando l’1% delle fratture durante l’infanzia. I fattori che più spesso si relazionano a queste fratture sono la prematurità, una non corretta osteogenesi, traumi o traumi da parto. Circa l’80% della mineralizzazione delle ossa avviene durante il terzo trimestre di gravidanza, per tale motivo i bambini nati prematuramente hanno un alto rischio di osteopenia, specialmente se il peso alla nascita è molto basso o ci sono state complicazioni dopo la nascita. Lo studio proposto ha lo scopo di valutare l’incidenza di fratture costali in ex-prematuri. Sono stati consultati i dati dal 2000 al 2010 di pazienti di età gestazionale inferiore alle 37 settimane, escludendo quelli che erano stati sottoposti a chirurgia toracica. Nello studio sono stati inclusi 1446 bambini, in 26 dei quali sono state riscontrate un totale di 62 fratture.  L’età gestazionale media era 26 settimane, l’età media a cui sono state diagnosticate le fratture era di 14 settimane, i sintomi percui veniva eseguita un esame radiografico erano sintomi respiratori. Le fratture erano prevalenti a livello della 4° o 6° costa e si presentavano per lo più posteriormente o lateralmente, si associavano quasi sempre a complicanze in seguito al parto. La media di fratture per bambino era 2, diagnosticate per lo più durante il periodo di ospedalizzazione.

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Utilizzo delle medicine complementari

J R Soc Med. 1999 Jan;92(1):13-6. Use of complementary therapies by patients attending musculoskeletal clinics. Chandola A, Young Y, McAlister J, Axford JS.

Le terapie complementari sono caratterizzate da un approccio olistico, in contrasto con la medicina tradizionale che si suppone veda il corpo in modo meccanicistico. Il termine “complementare” potrebbe suggerire una novità, ma molte di queste terapie sono state utilizzate per secoli per trattare disturbi muscolo-scheletrici. Molti pazienti con dolori muscolo-scheletrici si rivolgono alle medicine complementari, in Australia e in Canada tra il 40% e il 60% dei pazienti che accedono alle cliniche reumatologiche ha già fatto affidamento a una di queste terapie. Moltissime sono le patologie per cui i pazienti si rivolgono alle medicine complementari. Come mai le medicine complementari sono così popolari quando la soddisfazione del paziente sicuramente non è garantita? La risposta sembrerebbe ovvia, riguarda lo scetticismo della medicina convenzionale e la mancata soddisfazione dei medici. Tuttavia ci sono anche fattori sociali, politici, religiosi e psicologici che spingono il paziente a sovrastimare il potenziale di questi rimedi e utilizzarli in modo irrazionale. La richiesta del paziente non va comunque ignorata, alcuni medici ritengono che le terapie complementari siano moderatamente efficaci. Lo scopo dello studio proposto è stato quello di valutare l’utilizzo delle terapie complementari da parte dei pazienti che frequentano le cliniche per disturbi muscolo-scheletrici in UK. Ai pazienti è stato somministrato un questionario riguardante la natura del disturbo per il quale si sono rivolti alla clinica, l’eventuale utilizzo di terapie complementari, la durata e il tipo del trattamento scelto, il livello di soddisfazione. Di 166 pazienti reclutati 113 provenivano dalle cliniche reumatologiche, il 53% da quelle ortopediche. Principalmente la diagnosi era di artrite reumatoide, le patologie erano presenti da 1 a 5 anni. Il 63% dei pazienti era soddisfatto delle terapie convenzionali, il 38% aveva considerato l’utilizzo di medicine complementari e il 28% aveva sperimentato l’agopuntura, l’omeopatia, l’osteopatia o la fitoterapia. Il 44% ha sperimentato una terapia complementare per la speranza di una cura, il 40% per consiglio di parenti o amici, il 30% per gli effetti collaterali delle medicine tradizionali e il 27% per l’insoddisfazione ricevuta dai trattamenti medici standard. Dallo studio emerge un’ampia diffusione delle medicine complementari tra i pazienti e la necessità di studi scientifici per dimostrarne l’efficacia da un lato, che siano proposte tra le terapie illustrate dai medici dall’altro.

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Scoliosi e Manipolazione

BMC Musculoskelet Disord. 2004; 5: 32. Scoliosis treatment using a combination of manipulative and rehabilitative therapy: a retrospective case series. Mark W Morningstar, Dennis Woggon, and Gary Lawrence

In letteratura è stato dimostrato che la manipolazione spinale sia inefficace nel ridurre in modo significativo le curve scoliotiche. L’eziologia delle scoliosi idiopatiche sembrerebbe includere asimmetrie cerebrali, deformità dell’asse neurale ed errori di informazione a livello nel sistema nervoso centrale. Nel paziente con scoliosi inoltre si associano spesso alterazioni neurologiche come difetti della vista e ridotta stabilità posturale. Lo scopo dello studio proposto è stato quello di verificare se il trattamento manipolativo unito a tecniche riabilitative possa essere efficace nel ridurre il grado di curva, ma anche nel riabilitare gli squilibri neurologici. Sono stati arruolati 22 pazienti di età compresa tra i 15 e i 65 anni con scoliosi confermata da radiografia. In seguito alla misurazione dell’angolo di Cobb sono state valutate attraverso le immagini radiografiche le vertebre in sofferenza e sono state manipolate, eseguendo 3 trattamenti per 4-6 settimane. Sono stati poi insegnati degli esercizi specifici da svolgere in autonomia a domicilio 2 volte al giorno quotidianamente. Al termine dello studio è stata nuovamente effettuata una radiografia di controllo: l’angolo di Cobb da una media di 28° è stato ridotto a una media di 11°, con un recupero di ciascun paziente almeno del 25%. Gli obiettivi del trattamento manipolativo sono stati: correggere le curve cervicale e lombare, recuperando la lordosi che spesso nei pazienti scoliotici è perduta; migliorare le curve in lateralità focalizzandosi su alcuni punti cardine della postura; imparare nuove abilità di coordinazione motoria attraverso i processi cognitivo, associativo e di automatizzazione.

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Vista, bocca e postura

BMC Pediatr. 2013 Jan 23;13:12. Clinical association between teeth malocclusions, wrong posture and ocular convergence disorders: an epidemiological investigation on primary school children. Silvestrini-Biavati A, Migliorati M, Demarziani E, Tecco S, Silvestrini-Biavati P, Polimeni A, Saccucci M.

Dal momento che i vari sistemi nel corpo sono interconnessi, una condizione patologica in un’area può coinvolgere altre aree. Nello specifico i muscoli giocano un ruolo decisivo, creando delle catene funzionali tra cranio, mandibola, colonna vertebrale, arti e pelvi. Tensioni muscolari in una di queste aree vengono immediatamente trasmesse al resto del corpo. Ad esempio una malocclusione dentale può essere associata a un disallineamento della mandibola che può creare un ipertono della muscolatura masticatoria da un lato e quindi compensi posturali per riequilibrare tale asimmetria. Infatti l’incidenza di malocclusione nei pazienti ortopedici in letteratura risulta essere tra l’83% e l’87%. Inoltre un disallineamento della mandibola può causare un’alterazione della posizione pupillare, con coinvolgimento della muscolatura oculare, che a sua volta deve essere coordinata ai movimenti di testa e collo. L’obiettivo dello studio proposto è stato quello di valutare quanto queste alterazioni sono frequenti in bambini di età compresa tra i 7 e i 10 anni, attraverso un’analisi da parte dell’ortodonzista, dell’ortottico e dell’osteopata. Sono stati analizzati 605 studenti di età media 8.5 ± 2.3 anni. La presenza di un morso aperto è stata associata più frequentemente alla presenza di un occhio sinistro dominante, mentre il morso profondo si presentava più frequentemente in pazienti con occhio destro dominante. I pazienti con un morso aperto e un morso profondo presentavano alterazioni nei test oculari con una frequenza molto più alta rispetto ai pazienti con normale occlusione. Sono state evidenziate tali alterazioni nei test oculari negli adulti con difficoltà alla massima apertura della bocca o con dolori cervicali o nella regione della spalla. Pur non dimostrando un rapporto di causa-effetto questo studio mostra delle relazioni importanti tra postura, funzione visiva e occlusione. Fondamentale per i professionisti che si occupano di bambini è conoscere queste relazioni per poter indirizzare i pazienti allo specialista più adatto.

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Osteopatia e paralisi cerebrale

J Am Osteopath Assoc. 2008 Oct;108(10):559-70. Effectiveness of osteopathy in the cranial field and myofascial release versus acupuncture as complementary treatment for children with spastic cerebral palsy: a pilot study. Duncan B1, McDonough-Means S, Worden K, Schnyer R, Andrews J, Meaney FJ.

Più di 2 bambini su 1000 in USA, di età compresa tra i 3 e i 10 anni di vita, sono affetti da paralisi cerebrale, causata da una lesione a livello del sistema nervoso centrale insorta prima o subito dopo il parto, ovvero in un momento di rapido sviluppo dell’encefalo. Le manifestazioni della paralisi cerebrale sono varie, a seconda della zona lesionata, ma tendenzialmente riguardano la sfera motoria. Le complicazioni di tale paralisi riguardano difficoltà nel linguaggio, nella deglutizione, nel controllo dell’eliminazione di feci e urine (costipazione) oltre che contratture muscolari. Le terapie standard prevedono la somministrazione di farmaci (miorilassanti) che purtroppo hanno però un effetto solo temporaneo. Alcune terapie alternative, tra cui l’osteopatia e l’agopuntura sono state testate con successo. Lo studio proposto ha l’obiettivo di mettere a confronto l’efficacia di questi due trattamenti, valutando anche la tolleranza della terapia da parte del paziente. Sono stati arruolati bambini di età compresa tra gli 11 mesi e i 12 anni di vita con paralisi cerebrale di gravità da medio a severa. Durante lo studio è stata mantenuta la terapia farmacologica, mentre sono state interrotte altre eventuali terapie alternative. Il grado di disabilità e le funzioni motorie sono state valutate con apposite scale prima dell’inizio dello studio, a metà (12 settimane) e al termine (24 settimane), mentre la valutazione osteopatica è stata effettuata da 3 diversi osteopati nelle tre fasi della ricerca. Le tecniche osteopatiche comprendevano il trattamento cranico e il rilascio miofasciale. Sono stati eseguiti 10 trattamenti, inizialmente a cadenza settimanale, in seguito mensile, per tre mesi. Per quanto riguarda l’agopuntura sono state eseguite 30 sessioni di trattamento nei tre mesi, nelle regioni valutate disfunzionali a seconda della lesione. Sono stati trattati 55 pazienti con paralisi cerebrali, divisi in modo equo nei gruppi di trattamento osteopatico, agopuntura e gruppo di controllo. Sono state valutate 11 variabili prima, a metà e a fine trattamento: l’osteopatia in aggiunta al trattamento medico standard si è rivelata efficace nel ridurre la spasticità muscolare. Non sono stati mostrati effetti benefici per quanto riguarda l’agopuntura rispetto al solo utilizzo della terapia tradizionale. Si può concludere che l’osteopatia sia più efficace della sola terapia farmacologica e della terapia farmacologica associata ad agopuntura nel trattamento di bambini con paralisi cerebrale.

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Pavimento pelvico e incontinenza urinaria

Rev Med Univ Navarra. 2004 Oct-Dec;48(4):18-31. [Urinary incontinence and other pelvic floor damages: ethilogy and prevention strategies]. Amóstegui Azcúe JM1, Ferri Morales A, Lillo De La Quintana C, Serra Llosa ML.

L’incontinenza urinaria, un danno al pavimento pelvico (lacerazione muscolare di terzo e quarto grado), l’incontinenza fecale, il prolasso genitale o la dispareunia (dolore al rapporto sessuale) sono il risultato di un trauma ostetrico, generalmente derivante dal primo parto. L’obiettivo della ricerca proposta è stato quello di analizzare da un punto di vista fisiologico e meccanico, perché si verifica il danno, studiando il processo del parto e le modalità con le quali viene condotto nella maggior parte degli ospedali del paese (Spagna). L’analisi del parto e le differenti posizioni utilizzate nella prima e nella seconda fase del travaglio, le cure dedicate alla donna nel puerperio, hanno portato a proporre una strategia globale di prevenzione condotta in tre fasi: 1) Prevenzione prenatale: dovrebbe avvenire una preparazione specifica del pavimento pelvico e della muscolatura addominale durante la gravidanza, utilizzando tecniche di massaggio e di stretching manuale del perineo. Inoltre la donna gravida dovrebbe imparare posizioni e metodi di spinta che rendano più semplici le fasi del parto. Dovrebbe essere effettuato un trattamento osteopatico delle articolazioni pelviche per facilitarne la mobilità o ridurre eventuali disfunzioni e rigidità. 2) Prevenzione durante il parto: durante questa fase dovrebbe essere rispettata la fisiologia e dovrebbero essere favorite tecniche manuali, basate sulla posizione e sul respiro per proteggere il bambino e il pavimento pelvico. 3) Prevenzione postpartum: l’azione è mirata sul pavimento pelvico, attraverso esercizi del diaframma e dei muscoli addominali o esercizi posturali e, se necessario, attraverso il trattamento osteopatico nel primissimo puerperio per favorire una corretta involuzione dei tessuti molli  e delle articolazioni coinvolte nel parto. Un trattamento fisioterapico specifico sarà proposto alle donne con patologia funzionale sei settimane dopo il parto.

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Lombalgia in Gravidanza

Hippokratia. 2011 Jul-Sep; 15(3): 205–210. Pregnancy-related low back pain
P Katonis, A Kampouroglou, A Aggelopoulos, K Kakavelakis, S Lykoudis, A Makrigiannakis, and K Alpantaki

La lombalgia è un dolore lamentato comunemente tra le donne durante la gravidanza, avendo un grande impatto sulla qualità di vita. Già Ippocrate parlava di questa sintomatologia e nel 1962 la lombalgia delle donne in gravidanza è stata classificata come dolore del cingolo pelvico e dolore lombare. È stato stimato che circa il 50% delle donne in gravidanza soffre in qualche momento di lombalgia, prima o dopo il parto. La lombalgia legata alla gravidanza sembra essere il risultato di fattori meccanici e ormonali. Il dolore del cingolo pelvico è comune durante la gravidanza e nel post-partum, molto più frequentemente che il dolore lombare. È descritto come dolore profondo, può essere unilaterale o bilaterale, intermittente o continuo, che si estende dalla cresta iliaca posteriore al gluteo con possibile irradiazione alla coscia e al polpacci, ma non al piede. Tale dolore può rendere difficoltosa l’attività fisica e causare difficoltà nella vita sociale della donna. Il dolore lombare durante la gravidanza è molto simile invece al dolore lombare provato dalle donne non durante la gravidanza, si presenta intorno alla colonna vertebrale, sopra il sacro, può irradiarsi o non irradiarsi fino al piede. Il dolore a livello del cingolo pelvico è maggiore nel pre-parto, quello lombare nel post-parto, il secondo sembra essere meno disabilitante del primo. Pur avendo una prognosi benigna, la lombalgia delle donne in gravidanza affligge enormemente la qualità di vita della persona. Lo scopo dello studio proposto è stato quello di revisionare vari articoli scientifici riguardo l’eziologia e gli approcci terapeutici alla lombalgia in gravidanza. Gli studi analizzati hanno evidenziato che soffre di lombalgia dal 20% al 90% delle donne in gravidanza, di cui circa un terzo soffre di dolore invalidante, mentre il 10% riporta un’impossibilità a lavorare. Tendenzialmente il dolore lombare ha inizio tra la 20° e la 28° settimana di gestazione, ma può cominciare anche prima. Circa il 40% delle donne presenta lombalgia a distanza di 3 mesi dal parto, circa il 15% invece a distanza di 12 mesi. L’eziologia della lombalgia in gravidanza è scarsamente compresa. Una prima ipotesi è di tipo meccanico, legata all’aumento di peso e di diametro del bacino, che sposterebbe il baricentro aumentando lo stress a livello lombare. Spesso alla lombalgia si associano disfunzioni del pavimento pelvico. Un’altra ipotesi è quella di dolore causato dall’allungamento della muscolatura in seguito all’aumento di dimensioni dell’utero. È inoltre stata dimostrata una prevalenza di lombalgia nelle donne con debolezza del muscolo medio gluteo. Un numero significativo di donne soffre di lombalgia a partire dal primo trimestre di gravidanza, in cui i cambiamenti meccanici non possono ancora giocare un ruolo significativo. In questi casi sono i cambiamenti ormonali a causare instabilità a livello della pelvi, generando discomfort a livello di tutta la colonna vertebrale. Un’altra ipotesi, specialmente per il dolore notturno, suggerisce che l’aumento di dimensioni dell’utero possa causare una pressione sulla vena cava con conseguente congestione a livello pelvico e lombare. L’esame obiettivo per la diagnosi differenziale può risultare difficoltoso a causa dei pochi test esistenti, della soggettività del dolore e della disabilità causata dalla lombalgia. Esistono comunque alcuni test per individuare la struttura che dà dolore e per distinguere un dolore muscolare da un dolore dato dall’instabilità per lassità dei tessuti durante la gravidanza o dopo il parto a causa di traumi durante la fase espulsiva. I fattori di rischio per lombalgia durante la gravidanza sono molteplici: traumi pelvici pregressi, lombalgia cronica già presente prima della gravidanza, lombalgia durante il ciclo, lombalgia durante le precedenti gravidanze, numerose gravidanze, eccessivo peso della madre. Al contrario sembrerebbe che l’esercizio fisico riduca il rischio di lombalgia durante la gravidanza. Nonostante sia molto difficile prevenire la lombalgia è importante che le future mamme seguano alcune buone norme: utilizzare sedute, materassi e cuscini adeguati, evitare di aumentare eccessivamente di peso, svolgere attività fisica e terapia fisica durante e anche prima della gravidanza. Nonostante la disabilità causata dal dolore lombare, la maggior parte delle donne che ne soffrono ritiene che sia un disturbo inevitabile durante la gravidanza, pertanto solo il 50% chiede aiuto. Nonostante spesso sia complicato eliminare la causa principale del dolore, esistono molteplici interventi che possono aiutare a ridurre di molto la sintomatologia. Tra questi la terapia manuale, lo yoga, l’esercizio fisico, cinture, ausili di vario tipo e altro.

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Osteopatia in TIN

BMJ Open. 2013 Feb 20;3(2). Effectiveness of osteopathic manipulative treatment in neonatal intensive care units: protocol for a multicentre randomised clinical trial. Cerritelli F1, Pizzolorusso G, Renzetti C, D’Incecco C, Fusilli P, Perri PF, Tubaldi L, Barlafante G.

Il rapporto del WHO del 2010 ha mostrato che 1 bambino su 10 nasce prematuramente e che al mondo 15 milioni di neonati sono pretermine. I costi per la gestione di un bambino prematuro sono esorbitanti e aumentano quanto minori sono l’età gestazionale e il peso alla nascita. La durata dell’ospedalizzazione è strettamente connessa a età gestazionale e peso alla nascita, a causa delle complicazioni spesso legate a questi due parametri. Nel neonato prematuro si manifestano molto frequentemente sintomi clinici di immaturità dell’apparato gastroenterico, come vomito, rigurgito, costipazione. L’osteopatia è una medicina manuale che si basa sul contatto per la diagnosi e il trattamento. Rispetta la relazione tra corpo, mente e spirito in salute e in malattia, enfatizzando l’integrità funzionale e strutturale del corpo ai fini di sviluppare l’intrinseca capacità di autoguarigione. Lo scopo dello studio proposto è stato quello di valutare l’efficacia del trattamento osteopatico in terapia intensiva neonatale, innanzitutto sul numero di giorni di ospedalizzazione, in secondo luogo su parametri come il guadagno di peso giornaliero, il numero di episodi di vomito e rigurgito, la frequenza nell’evacuazione e la necessità di utilizzare clisteri, il tempo di alimentazione per via enterale. Sono stati arruolati neonati pretermine presso gli ospedali di Macerata, Pescara e Monza. Dallo studio erano esclusi i neonati con età gestazionale inferiore alle 29 settimane e superiore alle 37 settimane, con patologie gravi genetiche, congenite, cardiovascolari, gastrointestinali, respiratorie o sottoposti a intervento chirurgico. I pazienti arruolati dovevano ricevere il primo trattamento osteopatico entro i 14 giorni di vita. I pazienti reclutati sono stati divisi in un gruppo di trattamento e in un gruppo di controllo. I pazienti appartenenti al gruppo di trattamento hanno ricevuto due trattamenti osteopatici a settimana per tutta la durata dell’ospedalizzazione, mantenendo le cure di routine della terapia intensiva. I pazienti appartenenti al gruppo di controllo hanno proseguito solo le cure mediche standard. Il trattamento osteopatico verteva sull’approccio delle anomalie tissutali e delle aree di asimmetria. Venivano poi mobilizzate le aree ipomobili per ridurre le disfunzioni somatiche riscontrate. Il personale della terapia intensiva che raccoglieva quotidianamente i dati clinici non era a conoscenza del gruppo di appartenenza dei pazienti. I risultati saranno pubblicati su una rivista scientifica peer-reviewed.

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Osteopatia e Scoliosi

Scoliosis. 2008; 3: 2. Manual therapy as a conservative treatment for adolescent idiopathic scoliosis: a systematic review. Michele Romano and Stefano Negrini

La scoliosi idiopatica è una patologia che colpisce circa il 2% degli adolescenti. Sono stati proposti diversi approcci terapeutici, a seconda della gravità della curva, dell’altezza e della maturità scheletrica, dell’età di diagnosi. Uno dei principali problemi nel trattamento è la mancanza di una prognosi realistica, in quanto alcune scoliosi, una volta scoperte, non peggiorano più, mentre altre hanno un’evouzione rapida, specie durante la pubertà. Due alternative potrebbero influire sul piano terapeutico: 1) i pazienti non soggetti a screening o precedenti trattamenti solitamente intraprendono un piano terapeutico tardivamente, con il rischio di necessitare un intervento chirurgico; 2) i pazienti soggetti a screening (a scuola, in famiglia, dal pediatra) possono da subito intraprendere un percorso di tipo conservativo, sulla base del rischio di evoluzione della curva. Lo svantaggio di questa procedura è che potrebbero essere coinvolti in un percorso lungo e dispendioso anche soggetti in cui la scoliosi sarebbe potuta non essere progressiva. Oltre alla terapia fisica, regolarmente proposta nell’approccio terapeutico conservativo della scoliosi, potrebbero essere incluse la chiropratica e l’osteopatia, spesso con risultati clinici rilevanti, ma purtroppo con pochi studi scientifici alla base. Lo scopo dello studio proposto è stato quello di analizzare gli studi riguardo l’efficacia del trattamento manipolativo sulle scoliosi idiopatiche. Sono stati individuati 73 studi, di cui solo alcuni rispondevano ai criteri di inclusione:

  • Nel primo 3 trattamenti manuali a settimana per 6 settimane in ragazzi di età compresa tra 15 e 16 anni hanno fatto ridurre l’angolo di curva da 38° a 11°. Non era però presente un gruppo di controllo.
  • Nel secondo venivano applicati trattamenti chiropratici in relazione all’inserimento di una suoletta per 14 mesi in ragazzi di età compresa tra i 6 e i 17 anni: in alcuni c’è stato un netto miglioramento, in altri non ci sono state variazioni, in alcuni c’è stato un peggioramento.
  • Nel terzo è stato effettuato uno studio pilota per valutare l’efficacia nel reclutamento dei pazienti e la loro compliance, per avere dei risultati validati scientificamente però occorre un campione più esteso.
  • Il quarto studio comprendeva solo due pazienti su cui venivano considerati parametri poco oggettivi, valutabili solo con l’osservazione e la palpazione. In questo studio la progressione della curva scoliotica è stata arrestata per 10 anni.

Altri studi con ottimi risultati clinici sono stati revisionati. Nessuno di questi, però, è rientrato nei criteri di inclusione per carenze metodologiche. Urge quindi la necessità di nuovi studi con una metodologia rigorosa per dimostrare scientificamente l’efficacia del trattamento osteopatico nelle scoliosi idiopatiche, sulla base dei risultati clinici finora ottenuti.

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Sinusiti

J Am Osteopath Assoc. 2001 May;101(5 Suppl):S8-13. Sinusitis in children: the importance of diagnosis and treatment. Shrum KM1, Grogg SE, Barton P, Shaw HH, Dyer RR.

Un bambino di 10 mesi viene portato dalla madre al pediatra per febbre e raffreddore, che si presentava in modo intermittente da due mesi. La diagnosi è quella di infezione virale delle vie respiratorie superiori, viene attuata una terapia farmacologica sintomatologica. Il giorno dopo il bambino viene nuovamente portato al medico per la presenza di ulteriori sintomi tra cui vomito e letargia. La diagnosi è quella di meningite, alla TC viene individuata un’infezione dei seni mascellare ed etmoidale probabilmente all’origine della patologia.

La sinusite è un’infezione dei seni (cavità all’interno delle ossa craniche) che si genera prevalentemente in presenza di un’ostruzione con edema della mucosa e ristagno di liquidi infetti. Non sempre l’evoluzione di una sinusite non trattata è una patologia grave come la meningite, ma è molto importante la corretta diagnosi per evitare spiacevoli complicanze. Il trattamento della sinusite consiste nel ridurre l’edema tissutale, favorire il drenaggio e controllare l’infezione. Oltre alla terapia farmacologica, il trattamento osteopatico può avere grande efficacia su questi aspetti. Nello specifico la corretta mobilità delle ossa del cranio, che può essere compromessa durante il parto o per traumi post-natali, è fondamentale per il drenaggio delle cavità dei seni. La compressione delle ossa temporali e dello sfenoide possono anche interferire con il ganglio sfeno-palatino che si occupa dell’innervazione del naso e dei seni. La compressione della base cranica e della cerniera OAE (occipite-atlante-epistrofeo) può interferire con il nervo vago che contribuisce alla deglutizione e innerva il naso-faringe e la faccia. Disfunzioni a livello delle vertebre cervicali e delle prime vertebre toraciche possono interferire con l’innervazione della testa e quindi con il drenaggio venoso e linfatico. Tecniche di rilascio miofasciale e di mobilizzazione di queste aree e specifiche tecniche craniche possono agire in modo significativo sulle disfunzioni citate, migliorando quindi quegli aspetti strutturali che possono peggiorare una sinusite acuta o subacuta.

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